martedì 20 dicembre 2011

Bilanci di fine anno: libri.


La fine dell’anno si avvicina e, come di consueto, è tempo di bilanci. Non di bilance. Siamo sotto Natale, dalle bilance bisogna stare alla larga.
Ebbene, questo primo bilancio verterà sulle letture fatte nel corso dell’anno.
Sapete, quest’anno è stato molto importante per me. Il mio rapporto con la lettura è cambiato e, spero, maturato. Sono diventata una lettrice sicuramente più impegnata e, mi auguro, più consapevole.
Ho trascorso diversi anni della mia vita a leggere romanzi fantasy scadenti e letteratura femminile, pagando il mio tributo tanto alle operazioni commerciali quanto al vittorianesimo. Non mi pento di nulla: non ho sviluppato qualche strana patologia né sono diventata completamente idiota. Non sono ancora del tutto convinta che esista in fin dei conti “una letteratura che vale” e una che “se la leggi il Mondo sprofonderà sotto il peso del tuo misfatto”. Io sono convinta che il rapporto di ognuno di noi con un libro sia strettamente personale e che un libro non debba necessariamente essere “un buon libro”. Se ci fossero soltanto buoni libri mia sorella morirebbe asfissiata sotto il peso del Barone Rampante, mia madre dovrebbe barattare i suoi romanzetti Harmony con Madame Bovary e mio padre, al posto dei suoi saggi di finta-scienza, si sorbirebbe Il nome della rosa. In un mondo ideale, delitti come quelli perpetrati dai membri della mia famiglia sarebbero puniti con la pena capitale. Nel mondo reale, io e la mia famiglia leggiamo tutti cose diverse e tutti siamo contenti di quel che leggiamo. Non sono persone stupide perché leggono cose stupide. Potrebbero essere persone più consapevoli se leggessero cose più intelligenti, ma in fin dei conti tra stupidità e consapevolezza c’è un abisso. Nella vita reale uno campa benissimo anche senza aver letto Madame Bovary.
Facciamo un sorrisone e salutiamo da lontano i moralisti con la mano.
Ciò non toglie, poi, che a me piaccia leggere “buoni libri”. Solo non punto il dito e non sputo sentenze contro chi vuol leggere Twilight. Persino Dante, che era così serioso e puntiglioso e tutto, si batteva per il libero arbitrio.
Per ritornare ai bilanci, quel che sono fiera di annunciare al mondo (ed è una constatazione incontrovertibile) è che non leggo più fantasy scadenti e poca letteratura femminile (che non è scadente affatto, solo alle volte un tantino limitata quanto a situazioni narrative).
Insomma, sono diventata una di quelle lettrici che piacerebbero anche ai moralisti. Facciamo di nuovo ciao ciao con la mano, stavolta in tono più ossequioso. Si ringraziano per i preziosi consigli, l’incoraggiamento, gli insegnamenti metodologici tre entità: Marco (entità concreta), Goodreads (entità astratta), “Un buon libro, un ottimo amico” (entità astratta-concreta).
Ed ora passiamo alla classifica. Ho selezionato alcune tra le letture che mi sono sembrate più significative. Le citerò in ordine di lettura, perché la mia coscienza non debba disperarsi nel cercare un primo, un secondo, un terzo e un quarto. Le citerò accompagnate da una breve didascalia che spieghi il perché della mia scelta.
Spero che possiate trovare spunti interessanti, ma che soprattutto possiate commentare, consigliare e criticare i miei misfatti.

  • Espiazione, E. McEwan: per l’intelligenza dell’impianto, la sensibilità poetica, l’assenza di buonismo; un modello di come dovrebbe essere il mio romanzo ideale;
  • Niente di nuovo sul fronte occidentale, E.M. Remarque: perché mi ha fatto amare un evento atroce come la Prima Guerra Mondiale, ammantandola di una poesia e di una bellezza espressiva che nulla tolgono alla sua atrocità;
  • La lettera scarlatta, N. Hawthorne: perché mi ha regalato la nostalgia di quei tempi in cui il peccato aveva il suo discreto fascino e la seduzione di pochi gesti calcolati era più forte di quella di un amplesso esplicito;
  • Il caso di Dora, S. Freud: perché è stato il mio primo, entusiasmante approccio con la psicoanalisi, che io non so poi se sia una scienza vera, ma alla fin fine è un meraviglioso contenitore letterario da cui attingere continuamente;
  • I Malavoglia, G. Verga: per la bellezza e la consistenza della lingua, per i colori, per quella cosa spaventosamente geniale che è il coro paesano (e perché ho snobbato a torto il verismo per tanti anni);
  • Lolita, V. Nabokov: perché è intrigante, politicamente scorretto, scritto bene da star male, pieno di gioia, di tristezze e di isteria e perché c’è un piccolo Humbert Humbert in me;
  • Furore, J. Steinbeck: per l’analisi lucida e spietata delle dinamiche del progresso, per il mito della terra e della famiglia in cui ho ritrovato me stessa, perché è un libro onesto quanto mai, che sa di sudore, di arance e di sporco, dove le persone (che è cosa rara a trovarsi in un libro) parlano come le persone vere;
  • La luna e i falò, C. Pavese: perché mi ha trasmesso quella voglia di ritrovare le mie origini mitiche e contadine che troppo spesso relego al margine, perché Cesare è Cesare e scrive come se suonasse;
  • Cronache del ghiaccio e del fuoco (I-II-III), G.R.R. Martin: perché si possono scrivere romanzi fantasy di qualità, divertenti, scorretti, adorabilmente volgari (e dove non ci sono gli elfi!);
  • Che tu sia per me il coltello, D. Grossman: perché è scritto come è scritto, ma soprattutto per la bontà con cui si è prestato a svelarmi molte delle mie malattie e a curarle;
  • Misery, S. King: perché se cercate un libro che parli dell’amore per la lettura e la scrittura è questo qui, e la patina horror è tutta una copertura (ma non ditelo in giro, altrimenti poi Annie… !);
  • Il giovane Holden, J.D. Salinger: perché l'adolescenza non si può dire conclusa fino a che uno non ha letto questo libro e non si è sentito dipinto e messo a nudo in questo modo così commovente e così privo di retorica;
  • Lord Jim, J. Conrad: perché sicuramente mentre lo leggevo è andato storto qualcosa e adesso questo libro è diventato per me un’enorme e affascinante metafora della giovinezza;
  • Il buon soldato, F.M. Ford: per la finezza dell’indagine psicologica, l’attenzione alla gestualità, l’impiego di un narratore in prima persona talmente straordinario da rimettere in discussione tutte le mie idee in proposito;
  • Alice nel paese delle meraviglie, L. Carroll: perché il nonsense è bello e io voglio scrivere cose che ne siano tanto allegramente intrise.
E per voi? Quali sono i vostri libri da ricordare in questo Anno Domini 2011?

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