lunedì 12 maggio 2014

Una poesia è stata creata


La vita si faceva strada da sé, come un tirannico padrone. Lui non la invocava mai, ma lei si addentrava comunque nel suo corpo e nel suo cervello; entrava come poesia, come ispirazione. E il significato di questa parola gli si rivelò per la prima volta in tutta la sua grandezza. La poesia era la forza vivificante di cui lui viveva. Era proprio così. Non viveva per la poesia, ma di poesia.
E finalmente era chiaro che l’ispirazione era vita, era evidente. Gli avevano concesso di capire, prima della morte, che la vita è ispirazione; ispirazione, sì.
E al pensiero che gli fosse stata data la possibilità di comprendere questa verità, il suo animo si riempiva di gioia.
Tutto quanto l’universo era poesia. Era poesia il lavoro, lo scalpitio dei cavalli, una casa, un uccello, una pietra, l’amore; nei versi entrava leggiadramente tutta la vita, e vi si accomodava. Doveva essere per forza così, i versi sono la parola.
Persino in questi momenti le strofe comparivano nella sua mente con facilità, una via l’altra, e anche le parole si succedevano con la stessa facilità, anche se da tempo non si annotava – né gli sarebbe stato concesso di farlo – i suoi versi; giungevano secondo un ritmo in un certo senso ben definito ma ogni volta sorprendente. Lo strumento di ricerca era la rima, lei l’indicatore magnetico di concetti e parole. Ogni parola comprendeva una parte di universo suscettibile alla rima, e l’universo intero schizzava alla velocità di una macchina elettronica. Ogni cosa gridava: «Prendi me!» «No, prendi me!» Non era necessario cercare, non si doveva fare altro che scegliere. Era come se in lui vivessero due persone: una componeva – quella che aveva fatto girare la sua trottola alla massima velocità – e l’altra che si fermava a scegliere e che ogni tanto bloccava il congegno che ormai era senza controllo. E quando si rese conto che queste due persone erano insieme, il poeta comprese che solo in quel momento stava componendo delle vere poesie. Che importanza aveva che non erano scritte? Scrivere, pubblicare, tutto frutto della vanità delle vanità. Le cose migliori sono quelle disinteressate. Ciò di cui non si prende nota è il meglio, ciò che è stato creato e svanisce si scompone senza lasciare tracce, e soltanto il piacere della creazione che il poeta sente e che non può scambiare con qualcos’altro è la testimonianza che una poesia è stata creata, che il bello è stato creato. 


Da "Cherry-Brandy", I racconti di Kolyma
Varlam Šalamov

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